“Evadere” da un carcere e infiltrarsi in un castello, usando come unico mezzo l’arte.
Questo il percorso dei detenuti della casa circondariale di Ariano Irpino, destinatari del progetto “L’ora di luce” che lo scorso venerdì e sabato è approdato al Castello Sforzesco di Milano per esporre i suoi scatti nell’ambito del concorso fotografico “Infiltrazioni di legalità”, ospitato dalla due giorni “Con il Sud sostenibile”.
“L’ora di luce”, realizzato grazie alla disponibilità del Direttore della Casa Circondariale Gianfranco Marcello, con la preziosa guida di Annibale Sepe, Federico Iadarola, Luca Lombardi e Simona Spinazzola, volontari dell’Associazione Culturale Miscellanea – Collettivo D:N:A, si propone di far affiorare la realtà carceraria vista dall’interno, con gli occhi del recluso che da osservato diventa osservatore.
Oltre il semplice corso di fotografia, il progetto è anche inteso come un momento di condivisione in cui la fotografia diventa un pretesto per raccontarsi, un percorso formativo e creativo.
La scelta di realizzare autoritratti vuole regalare la possibilità di vedersi con occhi diversi, di potersi raccontare in maniera personale e dire “sono e posso essere altro da ciò che la vita mi ha portato ad essere”.
Il ritratto permette di lavorare su se stessi, raccontando tanto la dura consapevolezza della situazione attuale quanto la volontà di mostrarsi in modo diverso a chi c’è intorno, per cercare di andare oltre il cliché del “carcerato”.
Attraverso l’obiettivo, ogni gesto quotidiano, ogni situazione anche la più abituale appare agli allievi detenuti in modo completamente diverso, con differente profondità e la fotografia diventa un mezzo per esprimersi e raccontare dei momenti, dei frammenti del proprio mondo e della propria vita, filtrati dalla sensibilità personale.
Lo scopo finale è quello di dare vita concreta all’idea che una pena efficace non può che basarsi sulla socializzazione.
Inoltre, si vuole trasmettere ai detenuti le basi di un’arte espressiva, magari da sviluppare e ampliare in futuro fuori dal carcere.
Una visione diversa dell’istituzione carceraria oggi è possibile e doverosa e la detenzione, oltre che come doverosa espiazione, può e deve essere interpretata anche come opportunità di rinascita.